Questo articolo è adattato dall’originale: Outsourcing stories to a journal
Ci sono stati momenti in cui ho provato a ricordare eventi ed informazioni, e non riuscivo a far altro che vagare mentalmente per ore, persino giorni, cercando di accedere ai miei ricordi. E pur riuscendovi, avevo l’impressione che molti dettagli fossero sbiaditi. Rimanevo con una certa situazione di sconfitta, davvero fastidiosa. Talvolta, essa diventava tristezza.
Il senso di fastidio è per lo più evidente se l’informazione che cerchiamo dentro di noi è critica per un motivo attuale, come qualcosa che può essere utilizzato per chiarire un malinteso oppure aiutarci in un momento di difficoltà.
Quando conversiamo con i nostri amici o familiari, per fare un esempio, possiamo trovarci a rivisitare una di quelle storie che abbiamo in comune, e dunque ci connette. Solo che ricordiamo gli eventi in maniera diversa da loro. E’ una situazione normalissima, dal momento che viviamo di storie: esse contano molto più dei fatti nel modo in cui cresciamo e prendiamo decisioni; e per questo motivo, siamo più bravi come cantastorie che narratori oggettivi.
Ciò che intendo dire è questo: più la nostra storia si trova nel lontano passato, meno siamo affidabili come narratori. Per essere in grado di raccontare una storia sempre nello stesso modo, senza perderne o confonderne i dettagli, bisogna avere un’eccezionale capacità mnemonica. Ma non siamo creature statiche, e diamo un senso alle cose in maniera diversa nel corso della nostra vita: di conseguenza, anche la nostra interpretazione dei fatti può cambiare; e con essa, la storia che ricordiamo.
Nel corso degli anni ripetiamo o riascoltiamo gli stessi aneddoti insieme alle stesse persone; nell’eventualità di disaccordi sulla trama, cercherete una qualche prova che convalidi i fatti accaduti.
Sebbene la nostra mente possa giocarci degli scherzi, abbiamo la possibilità di affidarci ad altre forme di ricordo per rinforzare la nostra memoria. E nulla è meglio di un diario!
Storicamente, i giornali personali sono stati più frequentemente utilizzati per avere un conto tracciato di viaggi e di cronache familiari.
Tale pratica non è del tutto scomparsa, ma ha subito un’evoluzione. Probabilmente non è cosi popolare come in passato; ad oggi, i giornali sono comunemente utilizzati durante la terapia e per la riflessioni. Laddove chiunque possa pubblicare un’autobiografia, per via della semplificazione dei processi editoriali (vedi Kindle), lo scopo del diario è diverso.
Sto adesso guardando al diario come uno “stoccaggio” di informazioni. Onestamente, non utilizzo i miei diari per registrare i fatti per come sono, salvo che per qualcosa di particolarmente rilevante su cui io voglia riflettere; ma registro quelle storie per me salienti, e da esse estrapolo i fatti in un secondo momento. Questo perché’ abbiamo bisogno di fare un passo indietro dagli eventi che viviamo personalmente, allo scopo di analizzare le seguenti cose:
- Cosa ho provato quando tale evento si è verificato?
- Perché’ ho avuto una tale impressione?
- In che altro modo posso spiegare quanto successo?
Le storie che raccontiamo agli altri sono le stesse che raccontiamo a noi stessi. A un certo punto, cominciamo a credere in ciò che raccontiamo, rischiando di alterare i fatti in modo permanente. Tali storie possono sembrarci irrilevanti al momento, ma se troviamo la voglia di leggere e rivivere noi stessi, allora vogliamo farlo tramite la cosa reale.
E più siamo affidabili come narratore, più siamo onesti con noi stessi.